Gay & Bisex
Il toro della palestra, un uomo che non chiede
di giustinos
03.04.2021 |
15.004 |
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"“Questa è casa mia, ricordati la strada, io non sono il tuo autista!”
Afferma scendendo dall’auto..."
Come vi avevo precedentemente raccontato, il mio istruttore in palestra mi aveva riservato un trattamento particolarmente duro e aveva avuto modo di darmi prova di tutta la sua mascolinità e il suo disprezzo.Dopo quella volta, è stato difficile tornare in palestra, mi sono sforzato parecchio per non apparire cambiato, ma l’ordine di un maschio, un vero maschio come lui non poteva essere disatteso.
Anche se all’inizio cercavo di evitare l’orario di fine del suo lavoro, per non incrociarlo negli spogliatoi, fu lui, in maniera brutale a farmi capire che da quel momento gli appartenevo.
Una proprietà che non cambió nulla nella mia vita finchè non ruppe con la sua fidanzata e una sera mi arrivó questo messaggio
“Puttana, devo sborrare, domani alle 18 fatti trovare fuori dalla palestra, intesi?”
Risposi affermativamente, non potevo sottrarmi ai miei doveri, nemmeno volevo per dirla tutta.
Fu così che il giorno dopo alle 18 in punto ero li, fuori dalla palestra ad aspettarlo, in piedi, seduto contro il cofano della mia auto.
Lui arrivó con 10 minuti di ritardo, con il suo borsone in spalla.
“Seguimi!”
“Ok”
Niente di più, nemmeno un ciao.
Arriviamo alla sua macchina e saliamo, io sul posto del passeggero, lui quello di guida.
Per tutto il tragitto, un buon quarto d’ora, non mi rivolse parola e io stetti zitto, inquietato e eccitato da un uomo così rude.
Stavamo percorrendo stradine di campagna. Stavo iniziando a temere che mi volesse accoppare e gettare in un fosso, quando arriviamo ad un cascinale in mezzo al nulla.
“Questa è casa mia, ricordati la strada, io non sono il tuo autista!”
Afferma scendendo dall’auto.
Lo seguo, senza fiatare, dentro casa.
È una casa che forse ha ereditato dai nonni, al pian terreno un grande salone, lastricato in cotto, ogni mobile è decrepito e racconta una storia vecchia di almeno 50 anni.
Mi arriva una sberla.
“Come mai non sei nudo? In casa mia devi stare nudo come un verme, pronto ad essere usato”
Mentre mi tengo la guancia che lui mi ha colpito, un male pazzesco, inizio a togliermi le scarpe, poi i pantaloni e la maglietta. Infine mi abbasso le mutande davanti a lui che mi stava guardando attento ad ogni movimento.
Non mi dice nulla, va in cucina e torna con una birra in mano.
Si mette in poltrona davanti al caminetto.
Io sono li in piedi ancora all’ingresso del salone, nudo.
“Scattare!”
Dice muovendo una mano per invitarmi ad avvicinarmi.
Mi avvicino ed istintivamente mi metto a quattro zampe davanti a lui.
“Finalmente ne fai una giusta!”
Capisco che quello è il mio posto, ora mi sento più a mio agio.
Prendo uno dei suoi piedi e sfilo una scarpa.
Lui alza il piede con il suo calzino di spugna tutto sudato, non dev’essersi cambiato a fine lavoro e me lo preme contro il viso, con parecchia violenza
“Chi sono io?”
“Il mio... pa..drone!”
“Bravo frocetto! Annusati un po’ di odore di maschio!”
Respirai a piedi polmoni tutti i feromoni sprigionati dal suo calzino; questo mi provocó un erezione immediata, erezione che pure lui notó.
Spostó l’altro piedesopra al mio cazzo, con la punta premuta sulle palle.
“Non va bene! Mi fa schifo il tuo cazzo! Dovresti avere una fica!”
Disse poco prima di tirare indietro il piede e sferrarmi un calcio nei testicoli.
Mi ritrassi per il dolore, portandomi le mani all’inguine
“Non ho detto di smettere, lecca puttana!”
Dice sfilandosi il calzino con una mano.
Presi il suo piede fra le mani, mentre lo leccavo come ordinatomi dal tallone alle dita, soffermandomi fra le dita, succhiandole.
Nel mentre il suo piede è di nuovo sulle mie palle e le sta schiacciando fortissimo sul pavimento.
Mentre lecco mugugno per il dolore, ma lui non si ferma, anzi rincara la dose ruotando la punta del piede come se le mie palle fossero un mozzicone di sigaretta.
“Alzati, vai a prendermi una birra!”
“Subito padrone!”
Ribatto alzandomi in piedi.
Nel camminare faccio fatica e mi rendo conto di quanto mi fanno male i coglioni.
Torno da lui, si è tolto la maglietta, mettendo in mostra il suo fisico meraviglioso.
Porgendogli la birra mi afferra per un braccio e alzato l’altro mi spinge la faccia sulla sua ascella, unica parte pelosa del suo busto.
Mi spinge così forte la testa da non riuscire a respirare.
In compenso il suo odore, di uomo, accaldato è inebriante e il cazzo mi torna di nuovo duro.
“Leccami, non mi son fatto la doccia, leccami tu.”
Appuggio una mano sul suo petto e l’altra sul fianco, scolpiti come un’opera di michelangelo, iniziando la leccare. Un sapore salato e acidulo, vorrei leccarlo tutto.
Lui nel mentre si scola anche la seconda birra.
Passando all’altra ascella nota il mio cazzo tornato duro.
Con la sua mano, grossa, lo afferra alla base prendendo anche le palle. Stringe e poi tira forte, facendomi crollare su di lui.
“A chi appartieni?”
“A...te...pa..drone”
Dico sforzandomi per il grande dolore
“Allora pure il tuo cazzo inutile mi appartiene giusto? E se mi fa schifo lo posso distruggere giusto?”
Sono terrorizzato, sopra di lui, lo sento respirare
“Giusto?”
Dice stritolandomi le palle più forte.
Annuisco, anche se spaventatissimo
“Bene!”
Dice lasciandomi andare e spedendomi in cucina a prendergli una bottiglia di liquore.
Quando torno mi mette in ginocchio fra le sue gambe di nuovo.
Si abbassa la zip e si sfila i pantaloni.
Rimane in mutande, uno slip bianco con una macchia gialla di piscio sul davanti.
Senza che mi dico nulla inizio a strusciarci la faccia sopra e ad annusare
“Brava cagna!”
Dice tracannando direttamente dalla bottiglia.
Sono eccitatissimo dal suo odore, dal controllo che ha su di me. Scosto leggermente le mutande e faccio uscire le sue palle, belle, grosse, quasi come delle uova, sudate. Inizio a leccarle come fossero un gelato.
Hanno il sapore di maschio che piace a me e leccara dopo leccata sotto le mutande vedo crescere la sua erezione.
Sono eccitatissimo.
Poi un’altra sberla, fortissimo che mi sposta e mi fa fischiare un orecchio.
Mi ritraggo, mettendomi seduto per terra.
“Basta! Fammi vedere il culo!”
Sono intontito, ma subito mi giro, mettendomi a quattro zampe in modo da esporre al meglio il mio buco.
“Bene!”
Dice alzandosi e barcollando, ha bevuto quasi tutta la bottiglia.
Si sfila le mutande, poi senza nemmeno accorgermene mi si butta addosso, facendomi andare steso sul tappeto, luo sopra di me.
Mi esce un urlo.
“Urla quanto ti pare, qui nessuno ti sentirà!”
Dice mentre mi immobilizza a terra e inizia a cercare il mio buco con il suo cazzo, stretto nella sua mano, ruvida.
Lo trova, come sento che lo trova spinge con tutto il suo peso ed entra.
Urlo più forte di prima.
Una nuova sberla.
“Non essere noioso!”
Mi zittisco e inizio a gemere contemporaneamente all’inizio dei suoi movimenti, avanti e indietro.
Non mi ha lubrificato, sento male al culo, lo sento ferito, ma lui se ne frega e inizia a scoparmi.
Mentre mi scopa e sopra di me, sento i suoi versi animaleschi mentre mi monta e il suo alito che sa di alcol.
Mi fa malissimo, lui è pesante e il suo cazzo mi sta spanando il culo senza alcun lubrificante.
Una cosa così animalesca da eccitarmi tantissimo nonostante il dolore e sborro, lui nemmeno se ne accorge, sono schiacciato pancia a terra.
Continua a scopare in maniera non troppo coordinata, poi si solleva leggermente e piantandomelo fino infondo, sborra, ululando.
Io in risposta ormai eccitatissimo premo il mio culo aperto contro il suo bacino, lo sento sborrarmi così in profondità che penso che mai nessuno mi sia arrivato fin li.
Poi si stacca e rotolando si accascia accanto a me, pancia in su.
Mi sposto su un fianco e accosto la mia testa sul suo braccio, con la faccia sulla sua ascella. Volevo godermi ancora l’odore del maschio che mi ha posseduto.
Sto li un minuto finchè sento un liquido caldo allargarsi sul pavimento, è lui che steso sta pisciando.
Non me ne rendo conto e sono di nuovo eccitato!
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Titolo: La strada di L
Autore: Giu Stinos
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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